Cosa si conserva del cordone e perché.
Capita spesso che non si abbiano le idee chiare sulla conservazione o la donazione del cordone e, pur senza avere la pretesa di comprendere a fondo un argomento così complesso, entrare in possesso delle nozioni basilari è indispensabile per valutare in maniera più consapevole quanto viene detto e scritto sull’argomento. Oggigiorno, infatti, esiste un eccesso di informazioni che ci arrivano da innumerevoli fonti, ma riuscire a mettere insieme in maniera chiara i diversi aspetti non è così semplice.
In realtà cosa viene poi effettivamente conservato o donato? E’ una domanda più frequente di quanto si possa immaginare. Quando si parla di conservazione o donazione del cordone, si intende normalmente il prelievo delsangue che resta nel funicolo e che viene prelevato dalla vena del cordone ombelicale da parte del personale ospedaliero.
Il sangue cordonale è ricco di cellule staminali ematopoietiche (le stesse che si prelevano dal midollo osseo) e serve a curare principalmente malattie del sangue e del sistema immunitario. Le malattie o disordini elencati sono ufficialmente definiti come trattabili in “terapia standard” il che significa che è ormai consolidato il trapianto di cellule staminali ematopoietiche.
Se vogliamo comprendere meglio cos’è il cordone ombelicale, possiamo parlare del suo aspetto e delle funzioni che svolge. Senza entrare in troppi dettagli, possiamo dire che ha una lunghezza di 50-55 cm ed è largo circa 1.5cm. Il cordone collega il feto alla placenta e serve a far arrivare sangue e sostanze nutritive al bambino attraverso la vena mentre le due arterie servono a far riportare i prodotti di scarto del bambino alla placenta che verranno poi espulsi dalla madre.
Non meno importante, tuttavia, è comprendere che il cordone è costituito da una sostanza gelatinosa, dettagelatina di Wharton, dove risiedono i tre vasi ombelicali costituiti dalla vena e dalle due arterie già menzionate. Questa sostanza, che dà al cordone un aspetto opalescente, viene comunemente chiamata “tessuto cordonale” ed è particolarmente ricca di cellule staminali mesenchimali. Queste cellule si sono dimostrate capaci di differenziarsi in ossa, cartilagine, nervi, grasso, tessuto cardiaco, muscolatura liscia, cellule epatiche e epidermiche e sono perciò estremamente promettenti nel campo della medicina rigenerativa. Tuttavia, l’utilizzo delle cellule staminali mesenchimali prelevate dal tessuto cordonale rimane per ora solo sperimentale e non fa ancora parte di alcuna terapia standard. Ciononostante, sono numerosi gli studi in corso per valutarne l’efficacia e alcuni casi si è già passati alla sperimentazione clinica.
Vi proponiamo quindi due letture di tali sperimentazioni:
Guarire le ferite e rigenerare la pelle con il tessuto del cordone
Rigenerare la cartilagine con la gelatina di Wharton del cordone ombelicale